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Il CANTO DEGLI ITALIANI:
Spiegazione del testo

Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'è la vittoria?
Le porga la chioma,
ché schiava di Roma
Iddio la creò.

Fratelli italiani, l’Italia finalmente si è risollevata e si è rimessa sul capo l’elmo di Scipione. Dov’è la vittoria? Torni subito perché Dio ha creato la vittoria schiava (propria) dell’Italia.

La vittoria porga il capo all'Italia perchè Dio creò la vittoria schiava di Roma. Si tratta di una metafora: l'Italia ha ripreso l'atteggiamento combattivo che fu degli antichi  guerrieri romani (come Scipione l'Africano  il generale che respinse lo straniero Annibale dal suolo italiano: battaglia di Zama, 18 ottobre dell’anno 202 prima di Cristo). Anticamente alle schiave venivano tagliate le chiome – per distinguerle dalla donne libere che portavano, invece, i capelli lunghi. La Vittoria, ci dice il poeta, deve porgere le chiome per farsele tagliare, in quanto schiava di “Roma semper victrix”, sempre vittoriosa.

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!
O Italiani, stringiamoci in un solo esercito (coorte), ora che l’Italia ci ha chiamato alla lotta dobbiamo essere pronti alla morte per la sua rinascita.

Uniamoci in una schiera di combattenti (la coorte era la decima parte della legione romana) pronti a morire per la patria!

Noi fummo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popolo,
perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l'ora suonò.
Noi italiani per secoli siamo stati sottomessi e derisi, perché non siamo un solo popolo, perché siamo divisi. Deve ora unirci l’unica bandiera, un’unica speranza; è arrivata l’ora di unirci in una sola nazione.

Gli italiani non sono mai stati un popolo solo (dal punto di vista etnico e politico) perché non sono mai stati uniti: gli stranieri quindi si sono impossessati chi di una chi di un’altra regione, continuando la debolezza politica e culturale dell’unità. Si tratta di un fondamentale ideale mazziniano che mosse il Risorgimento italiano: la realizzazione dell’unità della Patria. Dalla fine dell’Impero romano d’Occidente (nell’anno 476 dopo Cristo), l’Italia era rimasta frammentata in una miriade di Stati più o meno grandi – talvolta deboli ed effimeri, talvolta potenti e duraturi, ma quasi costantemente intenti a feroci lotte fratricide che avevano indebolito l’idea stessa di nazione e avevano inevitabilmente favorita, quando non l’avevano addirittura sollecitata, l’occupazione straniera –-  Nel 1815, dopo la caduta di Napoleone, il Congresso di Vienna aveva sancito la divisione del territorio italiano in 13 Stati (i più grandi erano: il Regno di Sardegna, il Regno Lombardo-Veneto, il Granducato di Toscana, lko Stato della Chiesa, il Regno delle Due Sicilie).
Fu partendo da questa situazione che si iniziò a ricostruire l’unità del suolo patrio: le Guerre d’indipendenza scandirono le varie fasi del Risorgimento fondendo insieme gli italiani, come auspicava il poeta, sotto un’unica bandiera – il Tricolore (nel 1859: fu strappata all’Austra la Lombardia; nel 1860: la spedizione dei Mille unificò il Sud Italia al Nord; nel 1866: il Veneto fu consegnato dall’Austria all’Italia; nel 1870: lo Stato della Chiesa con la città di Roma fu tolto al Papa e congiunto all’Italia). L’unità d’Italia fu raggiunta infine con la vittoria nella Prima guerra mondiale e la conseguente liberazione delle ultime terre ancora rimaste sotto il dominio straniero: Trento e Trieste.

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!
ritornello

 

Uniamoci, amiamoci,
l'unione e l'amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.
Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?
Uniamici e amiamoci: infatti solo l’amore e l’unione consentono ai popoli di comprendere quali sono i voleri di Dio. E’ giunto il momento di giurare tutti insieme per rendere libera l’Italia dal dominio straniero. Se siamo uniti, nel nome del Signore, chi mai potrà vincerci?

In questa strofa sono cantati gli obiettivi mazziniani della rivoluzione nazionale avvenuta durante il Risorgimento italiano: l’unità, la libertà, l’indipendenza del popolo italiano che è teofania (manifestazione) di Dio. Tutta la strofa è animata dalla profonda religiosità “laica”  di Mazzini  che concepiva la rivoluzione che avrebbe portato all’unità dell’Italia come un vero e proprio dovere religioso da attuare in favore del popolo. Nella sua visione, la sovranità non è di una singola persona, per quanto nobile e valorosa, ma risiede in tutto il popolo – e ad esso deriva direttamente dal volere di Dio. L’espressione “Dio e popolo”, che sintetizzava questo aspetto dell’ideale mazziniano, significava il manifestarsi di Dio attraverso il popolo e intendeva dire che la nazione “dev’essere un’operaia al servizio di Dio” e quindi dell’Umanità. Secondo Mazzini, la missione dell’Italia (unita «per Dio», cioè per volontà e opera di Dio), era quella di farsi ispiratrice del movimento di liberazione dei popoli europei, non nel perseguimento di un primato di potenza politico militare, ma ponendosi come un faro di solidarietà e libertà («l’Unione e l’amore / Rivelano ai Popoli / Le vie del Signore»). E in questa ottica anche il giuramento di «far libero / Il suolo natio» assume il carattere sacrale dell’impegno preso con la Divinità.

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!
ritornello

 

Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
In tutta l’Italia, i Comuni e le Città si ribellano allo straniero proprio come fecero i Comuni del Nord nella Battaglia di Legnano. Ogni soldato ha il coraggio di Ferrucci che combatté contro lo straniero. Ogni bambino italiano può diventare un eroe come lo fu il piccolo Balilla, a Genova, contro gli oppressori stranieri.  

E’ una strofa densa di eventi storici in cui gli Italiani hanno dimostrato di volersi liberare del dominio straniero: dopo il richiamo a Scipione l’Africano dell’antica Roma, il richiamo in questi versi è alla lotta comunale: la battaglia di Legnano (1176) segnò la vittoria della Lega dei Comuni Lombardi contro le milizie dell'imperatore Federico Barbarossa. Anche da questo episodio gli italiani devono trarre auspici per la loro lotta di liberazione e trasformare tutta l'Italia in un campo di battaglia.  Francesco Ferrucci morì difendendo la repubblica fiorentina (1530) dall'assedio delle truppe imperiali.  Tutti i bambini italiani possono ripetere il gesto di Giovan Battista Perasso detto Balilla, l'adolescente genovese che nel 1746, lanciando un sasso contro alcuni soldati austriaci, fece scattare la rivolta che condusse alla liberazione. Ogni paese e città sembra pronto alla lotta contro lo straniero, come accadde a Palermo la sera (Vespri) del 31 marzo 1282, lunedì di Pasqua, contro gli Angioini che dominavano l’isola.

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!
ritornello

 

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Le armi (spade) mercenarie  (vendute) si piegano come giunchi: L’Austria sta perdendo i pezzi (penne) del suo impero: lei, che ha sottomesso (bevuto) il popolo (sangue) italiano come  anche quello polacco, assieme ai Russi, ha capito che questi popoli le hanno bruciato il cuore.

Le spade vendute, ovvero le armi dei soldati mercenari, che si sono poste al servizio degli invasori per denaro, si piegano flessibili come giunghi, di fronte al valore dei patrioti, mossi dall’amore di Patria. L'aquila è il simbolo dell'impero austro-ungarico; l'aquila austriaca ha bevuto il sangue degli italiani (ne ha smembrato il territorio), e insieme ai Russi (1795), ha smembrato  anche quello dei Polacchi: ma il sangue versato degli Italiani e dei Polacchi ricadde su di essi. Qui Mameli  (che scrive Il Canto degli Italiani nel 1847) fa riferimento a un episodio accaduto l’anno precedente. Il Congresso di Vienna (1815) aveva assegnato la Polonia all’impero russo (il «cosacco») e la città libera di Cracovia rimaneva l’ultimo lembo di territorio polacco ancora indipendente. Nel 1846 la Polonia era insorta contro l’occupazione russa, ma la rivolta era stata soffocata nel sangue e l’impero austriaco aveva colto l’occasione per annettersi Cracovia

Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò!
ritornello

 

Sì!

 

Il “sì” finale rappresenta l’adesione corale degli Italiani alla lotta per la liberazione dell’Italia dalla sottomissione straniera